25 Aprile 2024

Se l’autista va all’asta: il cuneo fiscale

Se il fabbisogno dovesse aumentare è più che probabile che le aziende debbano alzare i salari per attirare o fidelizzare i lavoratori già preparati. Ma il cuneo fiscale (che da noi è il 46% del costo aziendale) rende difficile l’esempio inglese. E, allora c’è chi la formazione se la fa in casa.

Gli ultimi aumenti contrattuali sono arrivati nella di ottobre. A un autista del livello B3 (con patente busta paga CE per la guida dei veicoli più pesanti) con lo scatto di quest'anno vanno 1.765,37 a lordo delle tasse, ma netto dell'anzianità, degli straordinari e dell'indennità di trasferta che possono portare il netto in busta anche a 2.500-3.000 euro. Una cifra di tutto rispetto per la categoria a più alto reddito dei conducenti quella degli internazionali se si fa eccezione per la A3 1. che aggiunge alla patente CE particolari abilitazioni la guida di veicoli speciali, come per esempio le bisarche.


IL CUNEO FISCALE

Il problema, per il datore di lavoro, è che quei 2.500-3.000 euro diventano praticamente il doppio per colpa del famigerato “cuneo fiscale”, quella sommatoria di tasse e balzelli che s'incuneano, appunto, tra quello che sborsa l'imprenditore e quello che incassa il dipendente, allargando la distanza tra le due cifre, per cui in proporzione più uno paga, meno l'altro riceve.

Uno studio del Comité National Routier (CNR), l'osservatorio pubblico francese sul trasporto merci su strada, ha fotografato la nostra situazione nel 2017: il costo lordo medio lordo medio di un autista in Italia è di 51.219 euro, ma nelle sue tasche finiscono soltanto 1.642 euro al mese. Più preciso sul cuneo fiscale è il Taxing Wages 2021 dell'OCSE che colloca l'Italia al 5° posto su 37 paesi monitorati per differenza tra costo del lavoro e retribuzione netta percepita da un lavoratore single senza figli e con una retribuzione pari alla media con un'incidenza del 46% sul totale in busta, contro il 34,6% della media. Ma nelle imprese di autotrasporto dei dieci paesi maggiori competitor nel trasporto internazionale tra Italia e Unione europea, il costo medio del lavoro rilevato dall'Ufficio studi di Confartigianato su dati Eurostat, è più che dimezzato (-58,4%) rispetto a quello delle imprese italiane, il quale, a sua volta è superiore del 16,3% alla media del costo sostenuto dalle imprese francesi, tedesche e spagnole.


IL PARAMETRO INGLESE

In questa situazione c'è da chiedersi cosa accadrebbe se a fronte di una carenza di conducenti di veicoli pesanti che ormai supera le 15 mila unità, scattasse quella corsa all'aumento per accaparrarsi un bravo autista che sta avvenendo nel Regno Unito, dov'è in atto una specie di asta grado di far salire il costo del personale di un 20-25%. Se così avvenisse anche da noi, quei 51.219 euro calcolati nello studio del CNR (che negli ultimi quattro anni sono sicuramente aumentati per effetto almeno degli scatti previsti dal CCNL) aumenterebbero di altri 12.804 euro, per un costo totale di oltre 64 mila euro.

Applicando le stesse percentuali, a causa dell'elevato cuneo fiscale (che nel Regno Unito è solo il 30% dello stipendio lordo) al lavoratore arriverebbero in busta soltanto 410 euro al mese in più. In Italia la situazione non è ancora così drammatica, ma molte imprese temono di dover presto affrontare una domanda di aumenti dell'ordine del 10% che, in termini di costo aziendale, significa una maggiore spesa del 18%. Forse anche per questo, prima di mettere mano al borsellino e affacciarsi sul mercato, le imprese cercano di agire sulla leva fiscale, nella speranza che erodendo il cuneo si possano offrire salari più attrattivi. A fine settembre, FAI e Conftrasporto hanno lanciato, attraverso i suoi due segretari nazionali Andrea Manfron e Pasquale Russo, la proposta di detassare le trasferte che costituiscono una voce importante delle paghe degli autisti, misura che secondo i presentatori consentirebbe di ridurre il gap della concorrenza con i paesi dell'Est europeo.


LA FUGA DEGLI STRANIERI

In realtà si tratta di una concorrenza che, almeno a livello di conducenti, si sta restringendo. È di metà ottobre la notizia che gli stipendi degli autotrasportatori in Romania sono aumentati del 31%, con un lordo annuo (ma a tasse molto più basse e contributi quasi inesistenti) che adesso supera i 20 mila euro, per 1.576 euro al mese per 13 mensilità, molto vicine, dunque, alla media indicata per l'Italia dal CNR. È uno dei motivi per i quali molti autisti dell'Est stanno rientrando a casa dove trovano condizioni di lavoro più vicine a quelle occidentali con il vantaggio di vivere nel proprio Paese, pagare meno tasse e beneficiare di un maggiore potere d'acquisto.

Ma la fuga degli autisti stranieri, che per una decina d'anni ha sopperito alla disaffezione dei giovani italiani (ma ha anche tenuto bassi i salari), mette adesso le nostre aziende in grave difficoltà, dovendo subire anche la concorrenza di paesi come la Germania, dove i salari sono più alti che in Italia. Il presidente della sezione Trasporti e Logistica di Confindustria di Trento, Andrea Gottardi, ha affermato a metà ottobre, che le imprese tedesche stanno reclutando conducenti nelle aziende straniere, con un'offerta economica che arriva ai 4 mila euro mensili.


LE IRREGOLARITA’

A complicare l’appeal del mestiere di camionista ci sono poi gli imprenditori scorretti. Quelli che pur di pagare di meno le provano tutte.

Ci sono aziende che applicano a lavoratori dell’autotrasporto il contratto multiservizi, in sostanza quello delle guardie giurate, come un come un'azienda logistica di Monterotondo (Roma), o quelle che costringono gli autisti a lavorare 12 ore al giorno e li controllano con il GPS, come una ditta di Albenga (Savona).

L'ispettorato del lavoro su 8.834 lavoratori controllati nel 2020 ne ha trovati 511 in nero, 922 che violavano gli orari di lavoro e 2.329, praticamente uno su quattro, che lavoravano attraverso falsi appalti. Sono risposte illegali al problema, ma ne sottolineano la gravità.

Lo sforzo per trovare nuovi conducenti attraverso corsi di formazione, sgravi dei costi per le patenti, campagne di sensibilizzazione finora non hanno dato risposte soddisfacenti.

L'ultima è stata proposta da due deputati di Italia Viva, Luciano Nobili e Silvia Fregolent. Prevede di rimborsare il 50% delle spese per le patenti a giovani under 35 che ricevono il reddito di cittadinanza o altri ammortizzatori sociali. Ci si chiede da chi potranno farsi pagare l'altro 50%.


MAGLIO SPENDERE OGGI

Perché alla fine è sempre una questione di soldi e se il problema della carenza di autisti aumenterà come sembra probabile forse sarà inevitabile contendersi gli autisti a suon di aumenti. Come nel Regno Unito. Tant'è che le imprese più sveglie gli autisti se li stanno preparando in casa, finanziando loro anche i costi per la patente.

Autamarocchi, impresa di autotrasporto internazionale con base a Trieste con oltre 700 autisti, da otto anni se li forma attraverso una propria Accademia.

La Germani Trasporti di Brescia, 180 veicoli per il trasporto di sostanze chimiche liquide e solide e rifiuti industriali, dal 2019 con la sua Driver Academy, inserisce in azienda 50 giovani tra i 21 ei 29 anni, selezionandone cinque ogni tre mesi per assumerli e avviarli a conseguire le patenti C-CE, la CQC, il patentino ADR e le successive specializzazioni.

Nicoli Trasporti di Bergamo ha inaugurato due anni fa la sua Scuola Autisti, per giovani tra i 21 e i 29 anni. Il primo anno ne ha formati sei, ma gliene servivano almeno 50 e ha continuato negli anni successivi. Adesso sta aprendo una scuola anche a Udine.

La Smet di Salerno, infine, organizza corsi di formazione gratuiti per autisti con meno di 35 anni per avvicinare i giovani al trasporto ecosostenibile. Come dire: meglio un uovo oggi che frittata domani.


Fonte: Uomini e Trasporti – novembre 2021

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