28 Marzo 2024

Clamoroso ad Amsterdam: vettore-committente 1-0

Il 14 gennaio scorso ha partecipato alla presentazione a Roma, presso il MIT, del volume “100 numeri per capire l’autotrasporto” e ho ascoltato con molta attenzione il suo intervento, relativo a un caso realmente accaduto, di “sospetta contaminazione” di un prodotto alimentare trasportato. Mi è sembrato di capire che il vettore ne sia uscito vittorioso. E’ possibile avere maggiori dettagli sulla sentenza enunciata?

Il contratto di trasporto stipulato includeva una clausola in cui era specificato che le porte del rimorchio dovevano essere sigillate e bloccate e che, in caso di intrusione anche soltanto sospetta, la merce sarebbe stata smaltita a discrezione del committente, con costi e obblighi risarcitori a carico del vettore. Ma è legittima una tale clausola rispetto alla disciplina della CMR?

Questa domanda mi fa doppiamente piacere: per un verso mi conferma l’efficacia divulgativa dell’evento di Roma (a cui ho appunto il piacere di partecipare), per un altro mi ribadisce una volta di più come il mondo del trasporto, oggi più che mai, aspiri a un dialogo costruttivo tra consulenti legali e operatori del settore. La condivisione di esperienze e lo scambio di informazioni sono i principali ingredienti per una reciproca crescita professionale di tutti coloro che, a vari livelli, hanno a che fare con il mondo del trasporto. In tale prospettiva, la conoscenza dei casi giudiziari affrontati e risolti nella realtà delle aule giudiziarie (anche straniere), appare necessaria e opportuna.

La sentenza di cui ho riferito a Roma a proposito della filiera agroalimentare nell’autotrasporto, è stata emessa dal Tribunale di Amsterdam il 18/12/2019, per risolvere un contenzioso avviato nei confronti di un vettore italiano, chiamato a risarcire i presunti danni subiti da merci trasportate.

In particolare, come evidenziato dal lettore, il danneggiamento delle merci, nel caso specifico, non era stato concreto e reale, ma solo “sospetto”, in quanto ciò che era accaduto durante l’esecuzione del trasporto era stato, in realtà, solo un furto tentato e non consumato. A seguito dell’intervenuta manomissione del sigillo dell’automezzo, tramite un atto di effrazione compiuto da ignoti malviventi che non erano riusciti poi a sottrarre illecitamente le merci trasportate, il committente aveva proceduto, all’ arrivo delle merci a destinazione, allo smaltimento di tutto il carico, sebbene lo stesso fosse rimasto visibilmente integro. Invocando una clausola contrattuale stipulata con il vettore, il committente prendeva il ristoro di tutti i danni derivati dalla perdita delle merci e dalle conseguenti spese di smaltimento cui si era dato luogo per le severe regole di policy aziendale atte a preservare l’integrità degli alimenti commercializzati. Citato in giudizio in terra olandese, il vettore ha avuto la determinazione di costituirsi in giudizio, evidenziando come nessuna responsabilità vettoriale potesse configurarsi a proprio carico, in quanto il danno di fatto, non vi era stato. In punto di diritto, il vettore replicava che, in base alla CMR, art. 17 comma 1, non si configurava alcuna sua responsabilità per assenza di danno effettivo alla merce; né la responsabilità vettoriale poteva dirsi configurabile in ragione di un maggior obbligo contrattuale assunto dal convenuto. Il contratto di trasporto stipulato tra le parti (Framework Transport Agreement), infatti, includeva una clausola in cui era specificato che le porte del rimorchio dovevano essere sigillate e bloccate con un lucchetto o qualsiasi dispositivo di bloccaggio sicuro e che, in caso di intrusione anche soltanto sospetta (“only the suspicion but not the certainty that the goods have been touched by someone”), la merce sarebbe stata smaltita a discrezione del committente, con ogni costo e obbligo risarcitorio a carico del vettore.

Il nodo della questione risiedeva proprio sulla legittimità o meno di tale clausola, alla luce della disciplina uniforme della CMR. La sentenza della Corte olandese ha respinto le richieste attoree in quanto:

• Il committente non ha dimostrato che le merci erano danneggiate ai sensi della Convenzione CMR, in assenza di alcuna alterazione dello stato delle merci;

• Le pattuizioni contrattuali relative alla responsabilità vettoriale nell’accordo quadro di trasporto non sono valide in base all’art. 41 della CMR (la difesa del vettore aveva contestato la legittimità della clausola (“the clause is oppressive and illegittime”).

Ai sensi dell’art. 41 della CMR, le regole di tale conversione non sono derogabili né direttamente, né indirettamente da qualsiasi patto contrario. Ne consegue che la clausola invocata dal committente è stata considera inapplicabile, in quanto ampliava iniquamente il regime di responsabilità del vettore previsto dall’art. 17 della CMR nei casi di “effettivo” danno e di “effettiva” avaria della merce.

La vittoria del vettore è stata schiacciante al punto che la Corte ha condannato il committente anche alla rifusione delle spese legali.



Fonte: Uomini e Trasporti – febbraio 2020

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