29 Marzo 2024

La cabina non è un’alternativa alla disoccupazione

In Italia, seppure statistiche ufficiali non ne esistono, mancano 15 o forse anche 20 mila posti di lavoro come autista. A creare questa lacuna sono stati tanti i fattori di varia natura, non ultimo il fatto che i giovani non hanno più alcuna intenzione di fare questa professione. Prova ne sia che gli under24 rappresentano appena lo 0.4% della torta complessiva.

Dal che si potrebbe essere indotti a pensare che se non vogliono fare gli autisti, evidentemente i giovani hanno altro da fare. Niente di più sbagliato. Secondo i dati Ocse diffusi lo scorso febbraio, il tasso di disoccupazione under 25 registrato a dicembre 2020 è del 29,7% e, in termini assoluti, la quota dei neet, di giovani cioè che non studiano, non lavorano e non si formano, tocca quota due milioni.

Per carità, difficoltà occupazionali giovanili si registrano un po’ in tutta Europa, ma male come noi da questo punto di vista fanno veramente in pochi. Pensate che se in Italia risulta occupato solo il 16,7% degli under 25, in Europa mediamente arriva al 31,4% e dei paesi industriali al 38,2%.

A spingere indietro i dati è stata anche la pandemia che ha contribuito a far scendere il tasso di occupazione giovanile del 2,4% tra i 15 e 24 anni e dell’ 1,8% tra i 25 e i 34 anni. Anche se la pandemia “come dice il nome stesso” non è stata un’esclusiva nostra, ma si è fatta sentire un po’ ovunque. Il problema principale, come insegna peraltro il fenomeno della carenza degli autisti, è costituito dalla difficoltà di far incontrare domanda e offerta di lavoro. Pensate che stando a un sondaggio diffuso a febbraio da Unionecamere-Anpal alla domanda rivolta alle azienda sulla difficoltà di reperire giovani, ben il 35%ha risposto positivamente. Percentuale che tende ad aumentare rispetto ad alcune professioni tecniche o rispetto a lauree scientifiche. Come a dire che da una parte un giovane su tre è disoccupato e, dall’altra, più di un’azienda su tre fatica a trovare qualcuno da impiegare.

Quindi il problema non è che manca il lavoro, ma il fatto che chi lo cerca in qualche caso non lo trova, in altri non ha formazione necessaria per poterlo svolgere. E, nel mercato del lavoro degli autisti, la formazione necessaria è quella di disporre delle patenti superiori e della CQC. Che però costano un sacco di soldi e nessuno ha intensione si spenderli. Un circolo vizioso, certo, ma spezzarlo potrebbe non essere cosi difficile.

Rispetto al mercato del lavoro nel complesso, per esempio. Confindustria ha proposto, in un’audizione parlamentare finalizzata alla preparazione del Recovery Fund, di creare già alle medie dei percorsi di orientamento e di formazione al lavoro e poi, alle superiori, di consolidare la filiera alternanza-apprendistato soprattutto all’interno degli ITS. Idee che anche Draghi, nei primi discorsi alle Camere, sembra aver fatto proprie. Che sia la volta buona…


Fonte: Vie e Trasporti – marzo 2021

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